In questa pagina potrete trovare una selezione dei testi della nostra Scuola tratti dai documenti di trasmissione, i densho: per la pubblicazione completa a cura del Maestro Yuji Wada e del Maestro Costantino Brandozzi vi rimandiamo al sito ufficiale della Katayama ryū: http://katayama-ryu.org/it/teachings_it/
HEISŌ JIRINDEN
Jirinden(1)Bu, l’Arte Marziale, è la forza militare che si estingue naturalmente. 「Tō-ryū iai no michi wa, bujin masani okonau beki no michi shite, motte bu nasu tokoro no jutsu nari」(Jirinden, Vol.1, Heishū-Jirin-Jo) “La Via dello iai di questa scuola è la strada che deve essere perseguita con ogni mezzo dal Guerriero, è la tecnica per eseguire l’Arte Marziale.”
Nell’esaminare l’opera Heishū Jirinden (nel prosieguo abbreviata in Jirinden) cominciamo da questo verso: esso è la frase iniziale dell’opera scritta dalla seconda generazione Katayama, Hisataka, nel 1647.「武を為す所の術」”Bu wo nasu tokoro no jutsu”, che cosa significa? Hisataka per mezzo di questa introduzione afferma che studiare in profondità l’Arte Marziale in un paese pacificato è simile al vivere con frugalità in una famiglia benestante, preparasi all’Arte Marziale in un paese in conflitto è come gettare acqua sul fuoco. Negli ambienti del Budō viene spiegato in continuazione che Bu, l’Arte Marziale, significa “fermare le armi”. Tuttavia nel Jirinden viene detto: “Bu, le armi si fermano”; ciò non significa soggiogare una forza militare con un’altra forza militare, è scritto che il vero “Bu” è la forza militare che si estingue naturalmente. (Presentato da Yuji Wada , Costantino Brandozzi, Rennis Buchner)
Jirinden(2)Mihatsu no iai, Jirin no iai.
「Iai wa, shū to michi onajiu shite kokoroau no ii nari」(Heishū Jirinden, Vol.1, Iai wage) “Lo iai: tutti si impegnano nel lavoro che devono svolgere, ripongono la lama nel fodero dello spirito, armonizzano gli stati d’animo, non estraggono la katana” Wage (tr. conciliazione, mediazione) è il paragrafo con il quale, in maniera semplice, viene spiegato che cosa si intende con iai. Il guerriero alle arti militari, il contadino all’agricoltura, l’artigiano alla manifattura, il commerciante agli affari; ogni essere umano si dedica con esattezza al proprio lavoro che deve svolgere, ripone la lama nel fodero dello spirito; è spiegato che lo iai è la situazione in cui tutti gli uomini non estraggono la katana. Ciò è chiamato mihatsu no iai (lo iai che non estrae). Prendere l’iniziativa da parte di una persona (cioè “agire prima” sen wo toru) è vantaggioso, ma agendo per primi si origina nondimeno un conflitto. Normalmente, ci si aspetta anche di ottenere benefici per il fatto che non esistano dispute; ciò si chiama “fusō no ri”, i vantaggi dell’assenza di conflitto; si chiama anche “sen no sen wo toru”, agire prima del prima. Se si “agisce prima del prima” è possibile governare un paese in pace ed armonia, senza che nasca alcun conflitto. Ciò è chiamato “jirin no iai”. (Presentato da Yuji Wada , Costantino Brandozzi, Rennis Buchner)
Jirinden(4)Ciò che è chiamato Bu non è qualcosa di forte e violento.
「Toryū ni iu tokoro no bu to wa mōretsu no koto nite wa arazu, kankasokuchi no gi nari」(Heishū Jirinden Vol.1, Iaidai zukai) “Ciò che in questa scuola viene chiamato Bu non è qualcosa di forte e violento; significa agire con risolutezza e soggiogare velocemente il disordine.” Il desiderio primario dell’Arte Marziale, del Bu, comprendendo il significato di “kankasokuchi (敢果速治)”, è quello di agire con prontezza e soggiogare velocemente il disordine. Se subendo la sconfitta il disordine viene soggiogato, allora è buona cosa perdere. Se una vittoria procurerebbe la pace, vinci velocemente e fai terminare il disordine. Conformare le proprie azioni ai disegni divini viene chiamato “Shōdō 正道 (la Via virtuosa)”. Valutare il bene ed il male di ogni cosa in accordo a questo “Shōdō”, prevedere i meriti ed i demeriti di ogni evento o situazione: non si prolunga il disordine, si previene il disordine; ciò è la Via dell’Arte Marziale, chiamata Budō. (Presentato da: Yuji Wada, Costantino Brandozzi, Rennis Buchner)
Jirinden (6) Il tachi corregge l’iniquità; il kodachi trafigge il nostro addome.
「Tōryū moppara kenjutsu to shōsuru wa, Shinbu ni shite korosazu wo honshi toshite, motte fusei wo osamuru no yue nari」(Heishū Jirinden Vol.1, Tōryū daisho-tō no okite) “Questa scuola, che si chiama nient’altro che kenjutsu, si prefigge di soggiogare la malvagità, così come il proposito dell Shinbu di non uccidere.” A proposito della katana, decidiamo di indossarne una che viene testata per adattarsi alle nostre mani ed assecondare la nostra forza, come sappiamo, e discuterne i vantaggi e svantaggi della lunghezza è qualcosa che non dovrebbe essere stabilito. Originariamente la spada [剣, ken, tsurugi] era a doppio taglio, uno rivolto verso l’avversario e l’altro verso se stessi. La katana [刀, sciabola ad un taglio] dividendo in due il doppio filo del ken ha prodotto il tachi ed il kodachi. Di conseguenza, per quanto detto sopra il tachi, la lama lunga, è uno strumento per correggere l’iniquità, il kodachi, la lama corta, per trafiggersi il fianco chiedendo scusa dei propri errori. Sia il tachi che il kodachi non sono strumenti per vendicarsi. Anche colui che usa la katana ad un filo non deve mai dimenticare il significato della spada a due tagli. (Presentato da: Yuji Wada, Costantino Brandozzi, Rennis Buchner)
Jirinden (15) Come il cinghiale che giace a terra, in ogni momento restiamo in attesa con i piedi pronti a correre via.
「Inoshishi no yuka ni husu katachi ni, nandoki mo kakeden to ashi-guae shite matsu」(Heishū Jirinden, Vol. I, Senbatsu iai myōmoku kayō no ben / Okkake-nuki Isononami) “Simile all’atteggiamento del cinghiale sdraiato a terra, in ogni momento restiamo in attesa con i piedi pronti a correre via.” A proposito di Okkake nuki Isononami: anche se nel tempo usuale non ci sono assolutamente segnali di qualcosa che stia per accadere, se per qualsiasi motivo succede qualcosa, reagendo con prontezza è sicura la possibilità di controllare velocemente la situazione. Proprio come l’apparenza del cinghiale che giace a terra, restiamo sempre in attesa con i piedi pronti a correre via; facendo estrema attenzione, manteniamo la sensazione di essere scattanti per inseguire senza esitazioni. (Presentato da Yuji Wada, Costantino Brandozzi, Rennis Buchner)
Jirinden (16) Soltanto questa scuola non è detta tōjutsu [刀術], ma si chiama kenjutsu [剣術]
「Tōryū hitori tōjutsu to iwazushite moppara kenjutsu to iu」(Heishū Jirinden, Vol. II, Kenjutsu Mokuroku Jo) “Soltanto questa scuola non viene detta tōjutsu [刀術], assolutamente si chiama kenjutsu [剣術]” Nel kanji 「剣」, pronunciato “ken”, è contenuto il significato del carattere 「検」, anche esso pronunciato “ken”. Il carattere 「検」, “dirigere, controllare, sorvegliare”, ha il significato di “correggere, riformare, migliorare”. Il fatto che soltanto la nostra scuola non sia chiamata “tōjutsu” [刀術] ma “kenjutsu” [剣術], ha lo scopo di non far dimenticare il significato originario di 「武」 “bu”, l’arte della guerra. 「武」 “bu” significa il disordine che si placa spontaneamente; se non stringiamo, rinforziamo (teniamo sotto controllo) sempre i nostri cuori correggendoli, finiremmo per tagliare ed uccidere. Perciò, noi ci denominiamo “kenjutsu” [剣術], poiché da sempre rinforziamo, stringiamo (teniamo sotto controllo) le menti, i cuori nostri e degli altri. La spada identificata dal kanji [刀] “tō” ha un solo taglio, quella da [剣] “ken” ha due tagli. Se un taglio è rivolto verso una persona, l’altro taglio è verso noi stessi. Ciò significa che metà della colpa è anche della persona che ha intenzione di tagliare (la responsabilità dell’azione è equamente ripartita tra le due parti). (Presentato da Yuji Wada, Costantino Brandozzi, Rennis Buchner)
Jirinden (18) Amare la vita, detestare la morte. 「Ten-Chi-kan no michi to ieru mono wa, sei wo yomi shi shi wo nikumo koto zo」(Heishū Jirinden, Vol. II, Kenjutsu Mokuroku Jo) “La vera ragione della Natura (Ten-Chi-kan = lo spazio tra Cielo e Terra) è tenere in gran conto la vita e detestare la morte.” Tutti gli uccelli, animali, pesci, insetti che sono in questo mondo naturale si aiutano amabilmente perché tengono in gran considerazione la vita. Per la paura di soffrire essi detestano la morte. Sulla base di questa legge naturale, ci si aspetta di conseguenza che a chiunque non piaccia uccidere o ferire; tuttavia per il fatto che erroneamente si apprezzi solo la propria vita, uccidendo alla fine un essere umano si strappa via quel tesoro ed è come se si mettesse a morte il padre o il maestro. Se si coltiva uno spirito che preventivamente non litighi, non si genererà alcun conflitto sanguinario.Governare cosicché non ci siano litigi e conflitti è la Via corretta della Natura. Finché esiste questo mondo, anche se raggiungesse migliaia di anni, non dobbiamo agire solo per il nostro egoismo. (Presentato da Yuji Wada, Costantino Brandozzi, Rennis Buchner)
Jirinden (21) “Ōhen hakkyoku”: rispondere ai numerosi cambiamenti.
「Ashita ni okite hiru wa tsutome, kure ni shimaite yoru fusu wa, hen ni ōzuru nari」(Heishū Jirinden, Vol. II, Ōhen hakkyoku) “Alzarsi di buon mattino e lavorare di giorno, terminare la sera e coricarsi di notte: è un esempio di adattamento ai cambiamenti.” Il giusto si trasforma nel malvagio e la buona sorte nella disgrazia, come il mattino si muta nella sera ed il giorno nella notte. Se non conosci il mattino non è possibile conoscere la sera; se non conosci il giorno ovviamente non conosci la notte. La persona che, simile ad un bambino, non conosce la verità, le ragioni delle cose, non è in grado di rispondere ai cambiamenti. Alzarsi al mattino e lavorare durante il giorno; terminare la sera e coricarsi di notte è un esempio di adattamento, di risposta ai cambiamenti. Se ogni cosa non raggiungesse un estremo, un limite, non ci sarebbe alcuna possibilità di cambiamento. Se l’Inverno raggiunge il suo limite, si trasforma nella Primavera; l’Estate nell’Autunno. Il significato di “raggiungere un estremo, un limite” è arrivare ad un punto morto, ad un termine. Una cosa buona si trasforma in una cattiva; una cattiva in una buona. ( Katayama-ryu Gli insegnamenti / Ōhen hakkyoku ) L’espressione “hakkyoku” significa “le otto estremità, gli otto poli” e sono otto modelli comportamentali che sono stati realizzati per rappresentare la Natura ed elaborati nell’antica Cina. Quando uno raggiunge il suo limite estremo, si cambia e si prosegue con il successivo. “Ōhen hakkyoku”, rispondere alle variazioni delle otto estremità, in altre parole significa adattarsi ai numerosi cambiamenti. (Presentato da Yuji Wada, Costantino Brandozzi, Rennis Buchner)
Jirinden (27) “Nell’Arte Militare c’è la tecnica e ci sono i Princìpi generali”.
「Bu ni jutsu ari, michi ari. Jutsu to wa waza nari, michi to wa ri nari」(Heishū Jirinden, Vol. II, Iai hakkyoku hen) “Nell’Arte Militare c’è la Tecnica (jutsu) e c’è la Via (dō, michi). La Tecnica è il singolo atto individuale, la Via corrisponde ai Princìpi generali.” Nell’Arte Militare c’è la Tecnica (jutsu) e c’è la Via (Dō, michi). La Tecnica è l’abilità del singolo atto individuale, la Via corrisponde ai Princìpi generali, la logica, la ragione vera ed ultima. Colui che conosce la Tecnica, ma non i Principi generali, testa la propria abilità con la spada verso gli altri uomini. Colui che conosce i Principi generali, ma non la Tecnica, non è capace di usare la spada. Colui che unisce la Tecnica alla conoscenza dei Principi Generali è un uomo che custodisce saldamente nel fodero la sua spada affilata. Colui che unisce qualità di carattere alla spada ben affilata e ben custodita, non sarà sconfitto anche se si imbatterà nel nemico. (Gli insegnamenti della Katayama-ryū, Iai hakkyoku hen) Ogni cosa, ogni attività va svolta con rigore e precisione. Anche se custodisci un oggetto prezioso in un deposito, se esso non viene ben serrato quel tesoro finirà per essere perduto; un ladro troverà un’opportunità per entrarvi, se non ci fosse un punto debole ciò non sarebbe possibile. Se avrai invitato un vizio ad entrare in una fessura creata in te stesso, ciò sarà una tua colpevole responsabilità; non potrai incolpare nessun’altro. (Presentato da Yuji Wada, Costantino Brandozzi, Rennis Buchner, Constantin von Richter)
Jirinden (35) Il kanji 位 (i) significa essere nel posto dove una persona deve stare. 「I to wa, hito ga oriba ni oru koto 」(Heishū Jirinden, Vol. II, Ijiri) “Il kanji 位 (i), essere nel proprio posto.” Il kanji 位 (i, kurai) ha vari significati, quali: posizione, sito, luogo, status sociale; in questo contesto vuol dire: essere dove si deve essere. La maggior parte delle persone, quando si imbatte in una situazione abnorme ed inusuale, resta bloccata, ma colui che ha un carattere eccellente non si scompone; inoltre, penso che lo status sociale sarà determinato di conseguenza. Non vacillare, non perdere il controllo di se stessi nel corso delle azioni, è il kanji 位(i, kurai). Colui che con destrezza mantiene quella posizione è certamente forte (剛). Ciò che qui è definito “forte” è la capacità di prendere le giuste decisioni nel corso degli eventi. Chi avanza solamente, caduto nella trappola di certo non può uscirne; chi indietreggia solamente, di certo si isola e non riceve assistenza. L’essere forti non si ottiene senza allenamento e disciplina. Se non si è forti non è possibile mantenere quella posizione, quello status. (Presentato da Yuji Wada, Costantino Brandozzi, Rennis Buchner, Constantin von Richter)
SHŪKI
L’uomo d’armi, sempre, con la gentilezza non suscita temperamenti irascibili ed impazienti, non è indaffarato in tutto coltivando un animo forte, non esagera in nobiltà e non scade nella volgarità (Kōjūkōge); il suo animo, reso limpido, è sereno e trasparente, senza tralasciare di occuparsi di vari affari e senza essere sanguinario o brutale (Seiyō no ki); siede stabilmente come una tigre calma ed imponente ed agisce con sagacia allo stesso modo della coda di un gatto (Komyō no ki). [Egli] mantiene una promessa con le persone e non sciupa un’aspettativa, le accetta senza essere influenzato dal bene e dal male, dal puro o dall’impuro (Kaichū no ki); non è perplesso in tutto e non spreca una decisione presupponendo dubbi o sospetti (Futai no ki); con il cuore rimane sempre fedele alla corretta via di non estrarre la katana e non si associa ad essere umani che amano le dispute (Akki).